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Alcuni Brani della Critica

«…Il motivo dominante del suo mondo poetico sono le figure solenni, sintetizzate in stesure larghe con tonalità delicate, racchiuse in interni appena suggeriti, con alcuni elementi di un mondo contadino, valligiano, mai descrittivo e mai realistico, raffigurato in simboli e accenni velati di luce. È una pittura raffinata in modo particolare nei dipinti costruiti su sottili variazioni di bianchi e grigi, stratificati gli uni sugli altri fino a raggiungere un'astrazione fatta più di luce che di materia. La lenta costruzione delle immagini, fatte, velate di bianco e poi di nuovo rifatte con straordinaria delicatezza, porta la sua pittura ad un'espressione poetica di grande suggestione. Mi piace trascrivere un brano del compianto Luciano Spiazzi, a lui dedicato, che riassume con scrittura elegante quanto avrei voluto dire io, da pittore a pittore. Scriveva Spiazzi, fra l'altro: "…venne …l'attenzione decisa agli interni e a quanto sta intorno, corte e animali compresi, mai trascurati invero ma ora più decisamente affrontati come se le questioni formali fossero assorbite nella stessa pregnanza del biancore delle pareti, nel passaggio finemente graduato dei grigi, nei rapporti fra l'imponenza dei personaggi e la geometria dell'habitat ridotto all'essenziale, genuino sino alla polpa, accomunando di contro all'ascendenza che si perde nei millenni la solitudine esistenziale in cui appare conficcata anche la comunità…". Aggiungerei alle sottili ed acute espressioni di Spiazzi che questa pittura sofferta in continue elaborazioni, è come ammantata da un velo di dolcezza, un velo di poesia di un artista sognatore.»
(prof. Trento Longaretti - ex direttore Accademmia Carrara di Bergamo - personale Montecampione)

«…le scoperte delle autonomie dei linguaggi artistici contemporanei pare che Zerla ami il balbettio del preconscio, del mondo anteriore alla storia, alla civiltà. Ne avverte lo scorrere perenne nelle vene della civiltà, della cultura a cui appartiene: tutta la sua pittura è un gesto d'amore, un riconoscersi nel sillabario barbarico della sua gente, nella semplicità assoluta di parche figure definitive che indicano l'essenza del vivere quotidiano, nella spogliazione di ogni superfetazione artificiosa. Nemmeno Zerla però, e impresa impossibile, può svestirsi della sua condizione di moderno, di un abito critico che lo rende consapevole che la purezza dei primitivi è irraggiungibile, che la civiltà se non ci ha irrimediabilmente corrotti non è nemmeno cancellabile: tanto varrebbe eliminare se stessi. Dalla storia, dalla nostra storia non si esce: ne a Tahiti ne altrove. Zerla lo sa: il suo tentativo, rinnovato con pertinacia montanara, di fissare certezze perdute, di ritrovare il filo di un labirinto che gli ridia un sentimento del vivere al di là delle passioni effimere in cui ci consumiamo, è uno sforzo che ha dell'eroico. Il pittore vi consuma energie intellettuali, creative, morali fisiche. Gli rimane la certezza che un cammino a ritroso alla ricerca di un Eden ( un povero, agro Eden montanaro) da opporre come baluardo, difesa, schermo contro una esistenza "insignificante" _ con tutta la forza che ha "l'insignificanza" nel pensiero contemporaneo inteso a captare il "senso" dell'esistere.»
(prof. Guido Stella - mostra "omaggio a Maviorano")

«…Tali racconti sembrano affiorare attraverso spessori materici che sono in effetti spessori della memoria, e il loro disvelamento avviene a mezzo di uno scavo che appare faticoso e perfino doloroso tanto che i segni e i grumi umorali sulla lastra e sul foglio, connotano in effetti intrecci mentali, nodi della memoria, grovigli dell'anima. A questo proposito è possibile riscontrare, in questi fogli incisi, una esemplare interconnessione tra proposizione, immagine e mezzi espressivi, quasi una influente interdipendenza tra ricerca poetica e ricerca processuale. In una siffatta prospettiva di lettura, è difficile poter dire quale sia il senso autentico ed il valore preciso degli esiti più recenti del lavoro di Zerla, qui documentato dagli acquarelli. Per certo si può affermare che essi rappresentano un momento introiettivo dell'artista, più personale, perché è evidente il distacco da certi riferimenti (a volte anche abusati nella lettura dell'opera di Zerla) alla cultura incisoria camusa, e lo sforzo, d'altra parte, di pervenire ad un continente immaginativo più rivolto all'interno del `sé', più autonomo, perfino più lirico ed astratto, e dunque probabilmente più maturo…»
(Enzo di Martino - critico d'arte -Il Mattino di Venezia e Bolaffi Arte - personale al Segno Grafico di Venezia)

«…la tua esigenza di dipingere certi soggetti relativi alla vita quotidiana del tuo paese, la Val Camonica, e di raccontare la vita di questi contadini, di questi campi, dei tuoi monti, della tua gente, che esprimi e realizzi in modo personale e potente: i personaggi sono squadrati e tagliati come nella roccia, gli spazi sono definiti da molteplici riquadri come per riprendere particolari momenti, e le figure, libere da schemi sono inserite tra queste intelaiature, talvolta finestre talvolta rozzi balconi. Le figure sono meste, nei loro atteggiamenti di attesa, le loro grosse mani, dopo il duro lavoro, sono messe i evidenza: c'è una tristezza relativa alla dura vita dei montanari, ma forse c'è anche quella tua inquietudine e quei momenti di scoraggiamento (non preoccuparti, sono normali in tutti gli artisti), che però tu riesci a superare, come lo dimostrano queste incisioni e questa mostra, e tutte le attività alle quali ti dedichi…»
(Riccardo Licata - direttore Ecole National Superieure des Beaux Arts, Paris - personale alla galleria Forma Studio di Roma)

«…Gli interni con i loro personaggi immobili hanno una sorta di ieraticità arcaica che appartiene al mito e alla preistoria, un doppio spessore di cronaca quotidiana e di metastoria che rende la coppia o il gruppo segno emblematico di resistenze, sconfitte, sopravvivenze, meditazioni e altro. Fa divenire problematica la situazione rappresentata l'inquietudine propria di Zerla che si è costruito a Ossimo uno studio su di un crinale tra cielo e coste scoscese, un osservatorio dal quale si può guardare lontano. Il desiderio di tecniche espressive sempre diverse (oltre la pittura ad olio la grafica, il mosaico, l'affresco, la vetrata) e soprattutto la ricerca di un'arte ad ampio orizzonte internazionale assillano costantemente il suo procedere…»
(Luciano Spiazzi - personale alla galleria Bachiglione, Vicenza)


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